lunedì 28 aprile 2014

E quella casetta di ringhiera
diventò sempre più piccola


La signorina Liliana ha quasi 80 anni e vive in questa casa di ringhiera fin dalla nascita.

Suo, padre, dice, quando era bambino aiutò a costruirla, il nonno lo mandava a dare una mano ai muratori, per qualche soldo. Aiutava a trasportare la sabbia con le carriole, sottolinea la signorina Liliana.

Poi, quando si era sposato, il padre della signorina Liliana aveva pensato fosse del tutto normale venire a vivere in questo palazzo, che sentiva in qualche modo anche suo. Gli sposini si erano sistemati in uno dei bilocali che si affacciano sulla ringhiera, al secondo piano, quello in cui vive ancora oggi la signorina Liliana.

A quei tempi il bagno era in fondo alla ringhiera ed era comune, ma quello che oggi viene visto come un disagio inconcepibile, a quei tempi – erano suppergiù gli anni 30 – era visto come un lusso che non tante persone a Milano si potevano permettere.

«Quanto spazio abbiamo tutto per noi!»

Quando era entrato nella nuova casa, il padre della signorina Liliana aveva detto alla moglie: «Quanto spazio, abbiamo tutto per noi! Adesso stiamo attenti a non fare come a casa dei miei genitori, che è strapiena di cose e non c'è più un centimetro libero».

Era stato facile profeta.

Di lì a poco, infatti, era nata la signorina Liliana. Il locale che fino a quel momento era stato il salottino di casa, era stato trasformato in breve nella stanza della figlia. Per questo la sera, da quel momento, i genitori avevano cominciato a passare direttamente dalla cucina – il locale più caldo della casa, grazie alla cucina economica a legna che aveva la doppia funzione di cucinare e scaldare – alla camera da letto.

Oltre che dal fornello, la cucina era occupata dal lavello, dalla credenza e da un tavolo con quattro sedie. Ora si era aggiunta anche una poltroncina, su cui si sedeva il padre quando tornava stanco dal lavoro.

Nella camera da letto dei genitori, oltre al giaciglio c'era un treppiedi con catino dove ci si lavava – con l'acqua presa dalla fontanella comune posta all'esterno, all'inizio del ballatoio –, un grosso armadio di legno scuro e un cassettone altrettanto scuro su cui era posto uno specchio basculante attorniato da immagini della Madonna e dei Santi, affiancate da lumicini che venivano accesi nelle occasioni speciali. Alle pareti altre immagini sacre e sbiaditi ritratti fotografici di nonni e parenti vari.

Uno spazio sempre più ridotto

Il secondo colpo allo spazio vivibile dell'appartamento lo aveva dato l'avvento del frigorifero. Si era cominciato a parlarne già nel dopoguerra, ma il padre della signorina Liliana, operaio specializzato, lo aveva regalato a sua moglie ben dopo la metà degli anni 50. Forse era il 1957, ma su questo non c'è certezza. Un fantastico elettrodomestico che aveva permesso alla madre della signorina Liliana di fare la spesa una volta ogni tanto, non più tutti i giorni come era costretta prima. Ma che aveva anche ridotto ancor più lo spazio della cucina.

Il terzo attacco era arrivato invece dalla televisione, attorno al 1960. Quella grossa scatola capace di regalare immagini in bianco e nero era entrata nella casa della signorina Liliana da grande protagonista, sistemata in cucina, sopra un mobiletto fatto fare apposta da un falegname amico del padre. Il tavolo su cui si mangiava era stato direzionato – così come del resto la poltroncina del padre – in modo tale che tutti e tre i componenti della famiglia potessero godere dello spettacolo senza bisogno di contorsionismi.

Ma la vera rivoluzione era arrivata, nella casa della signorina Liliana, verso la fine degli anni 60, in pieno boom economico. Una città in grande evoluzione come Milano non poteva più permettere che i suoi cittadini si servissero di bagni comuni, non privati. All'improvviso quella era sembrata una cosa inaccettabile, per cui tutti – spesso con grandi sforzi economici e quindi con grandi sacrifici – si erano preoccupati di porvi fine.

Anche la signorina Liliana, ormai adulta, e la sua famiglia si erano adeguati, sacrificando parte della stanza dei genitori per la costruzione di un bagno finalmente di uso esclusivo – seppur "cieco", senza finestre – corredato di lavandino, water, bidet e vasca da bagno, tutti ovviamente dotati di acqua corrente.

Era stata, quella, una grande botta al poco spazio casalingo ancora a disposizione, che si era andato ulteriormente a ridurre quando nei primi anni 70 era arrivata la lavatrice, incastrata tra bidet e vasca. La gestione della casa era ormai nelle mani della signorina Liliana, figlia unica e nubile di due anziani genitori (in quegli anni avere più di 65 anni voleva dire essere ormai nella "terza età").

Le cose di una vita

Oggi in quella casa, come detto, ci vive la signorina Liliana, da sola. Lei è nata lì e da lì non si è mai mossa. L'altro giorno ho suonato al suo campanello per avere da lei un'informazione. Quando ha aperto il battente del suo portoncino che si affaccia sul ballattoio del secondo piano, non ho potuto fare a meno di notare le tante cose accumulate nel suo appartamento. Oggetti d'arredo, soprammobili, scatole, giornali accumulati e conservati nel corso di un'intera vita.

Lei si è accorta della direzione del mio sguardo e, forse per giustificarsi o forse perché aveva semplicemente voglia di chiacchierare, mi ha raccontato la storia di suo padre, di quando appena sposato aveva chiesto alla moglie di non riempire troppo la casa, come invece avevano fatto i suoi genitori...



I racconti della signorina Liliana, vedi anche "Quando a Milano c'è stata la guerra".


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giovedì 10 aprile 2014

Dopo Silvio, c'è solo Marina


Lo so che questo è un blog che parla, che vuole parlare, esclusivamente di Milano.

Lo so che non se ne può più di politica gridata, di politica gossip, di politica di bassa lega.

Lo so che non se ne può più di proberlusconi vs controberlusconi.

So tutte queste cose. Ma io questa mia convinzione la devo espletare adesso – qualche ora prima che il Tribunale di Sorveglianza di Milano decida la pena (carcere, arresti domiciliari, servizi sociali) da attribuire all'ex cavaliere – prima che sia troppo tardi.

Io penso, ho sempre pensato e sempre penserò, che il dopo Berlusconi si chiama Berlusconi. Penso, credo fermamente che a Silvio politico – quando lui deciderà di farsi del tutto da parte – seguirà Marina politica.

Ne sono certo, non perché me l'abbia detto qualcuno o perché abbia un contatto diretto con i protagonisti della vicenda.

E' solo che sono arciconvinto che Marina alla fine dirà di sì: «Me l'hanno chiesto con tale insistenza che non potevo continuare a dire di no» oppure anche «Il Paese ha bisogno oggi più che mai di qualcuno che sappia governarlo, è ora di farsi da fare per questa povera Italia».

Marina scenderà in campo. Per la gioia della sua famiglia, che potrà continuare a "contare" (in termini di potere e di soldi) e dei collaboratori stretti dell'attuale capo, che potranno continuare a farsi mantenere (politicamente parlando, ovviamente).

Gli elettori di Forza Italia, poi, saranno felicissimi di non dover cambiare nome di riferimento (siamo così pigri, noi italiani...)

Marina sarà il dopo-Silvio, il berlusconismo avrà ancora vita lunga. Ecco, l'ho messo nero su bianco, perché non si dica, un giorno, che io non l'avevo detto!

P.S.: tra l'altro i Berlusconi vivono e operano a Milano e dintorni, non è che siamo usciti così tanto dal seminato.


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