lunedì 10 febbraio 2014

Sciopero tassisti. Ovvero, quando
i monopolisti scendono in piazza


Estate 2011. Bergamo, aeroporto di Orio al Serio. Ho appena fatto il check-in e spedito le valigie, quando mi accorgo di avere lasciato il cellulare sulla mia automobile, lasciata una mezz'ora fa in un parcheggio della periferia di Orio, a tre-quattro chilometri dalla pista. Stiamo partendo per le vacanze estive, non posso restare 15 giorni senza il telefono, ho anche alcuni piccoli lavori in sospeso, da gestire tra un bagno in mare e l'altro.

Non c'è alternativa, devo tornare al parcheggio e riprenderlo. Nessun problema, ho tutto il tempo per farlo, vado dunque dove ci sono i taxi, entro e mi siedo sul sedile posteriore del primo della fila. Il guidatore è un giovane, e mi chiede dove devo andare. Gli spiego la situazione.

«E' qui vicino – dico, indicando l'indirizzo del parcheggio  – in venti minuti al massimo andiamo e torniamo».

Mi aspetto che il tassista metta in moto e parta senza tentennamenti, e invece questo si gira e dice, con tono perentorio: «Solo fino a lì? No guardi, non mi interessa, non la porto...»

Stupore. «Come non le interessa, lei non è un tassista?».

«Sì, ma lei mi fa perdere il primo posto nella fila per una corsa da niente, mi spiace. Non la porto».

Rabbia. «Le spiacerà anche, ma lei è un tassista, giusto? E quindi mi deve portare dove le chiedo, immagino... non è questo il suo lavoro?».

«Vabbé, la porto, ma comunque per questa cosa le faccio pagare due corse: una all'andata e una al ritorno. Quindi di base sono 15 euro di fisso in partenza più il tragitto e 15 euro al ritorno, più il tragitto».

Ancor più stupore. «Scusi, non credo di avere capito. Intende dire che per lei queste sono due corse differenti?».

«Certo, perché la porto in un posto, poi la riporto qui da quel posto».

Ancor più rabbia. «Va bene, allora facciamo così: ho semplicemente voglia di fare un giro in taxi, spero che questo mi sia concesso. Io a metà scenderò dalla sua auto e ci risalirò dopo trenta secondi, quindi torneremo qui. Un giro fino a Orio, così, perché ho voglia di vedere il paese e, in particolare, i suoi famosi parcheggi per auto. E alla fine torniamo all'aeroporto. Quanto mi costa? Me lo dica, mi piacerebbe scrivere un bell'articolo sul servizio tassistico che ruota attorno all'aeroporto di Bergamo».

«Ah, lei è giornalista? Le costa il fisso, 10 euro, più il tragitto. Ma comunque sappia che questo non è il modo di fare, non è più possibile fare questo lavoro, si fa la fame... Lei immagino che venga pagato profumatamente per il suo lavoro, non come noi, che siamo sempre in giro per quattro soldi...».

Pagato profumatamente... Per tutto il viaggio mi sono sorbito le lamentele e gli insulti del giovane taxista, cercando di tenergli testa. Alla fine, dopo quindici minuti di corsa, ho pagato i 25 euro segnati dal tassametro. Gli ho chiesto la ricevuta, che mi è stata buttata lì con sbuffi e con un eloquente «Pure quella...».


La concorrenza migliora i servizi

La prima regola, in questi casi, è quella di non fare "di tutta l'erba un fascio". Ma che questo mio amico – insieme ai tassisti che si comportano come lui – si renda conto che esistono alternative alla sua prepotenza, non mi sembra tanto male. Se io avessi avuto un'altra possibilità, in quell'occasione, l'avrei sfruttata al volo e l'avrei lasciato lì, contento di occupare il suo primo posto della fila. E ci avrei pensato due volte, in seguito, prima di riprendere un taxi.

La concorrenza, si dice, aiuta a migliorare i servizi. Ben venga dunque – che si chiami Uber, Car2Go, Enjoy, GuidaMi, ecc. – soprattutto in vista di Expo 2015, quando in Italia "caleranno" milioni di stranieri (vittime preferite dei più furbacchioni tra i guidatori di auto pubbliche).

Servirà ai tassisti, questa concorrenza, che potranno così eliminare le "mele marce" che si annidano nella loro variegata categoria e servirà, soprattutto, all'immagine del nostro Paese.


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