venerdì 8 febbraio 2013

Formigoni e la Lega, ovvero: come
si forma l'opinione di un politico

Quella che segue è la fedele ricostruzione del percorso tenuto dal "Formigoni pensiero" in questi ultimi mesi, ricostruito esclusivamente attraverso i suoi "cinguettii" postati giorno per giorno su Twitter.

Fanno parte di questa ricerca due tipi di interventi formigoniani, che riguardano il periodo che va dal 10 ottobre 2012 fino a oltre metà gennaio 2013.

I primi, e più numerosi, si riferiscono alla situazione della Lombardia, relative all'avvio della campagna elettorale che porterà al suo successore a Palazzo Lombardia. I secondi riguardano invece la situazione nazionale, con particolare attenzione al partito di cui Formigoni è esponente, il Pdl. I due tipi di messaggi sono intrecciati tra loro, si susseguono senza sosta – a parte significative eccezioni che vedremo – a seconda dell'umore o dell'esigenza di comunicare del loro autore.

Una ricerca che ha l'unico fine di contribuire a spiegare come si costruisce, a cavallo tra il 2012 e il 2013, l'importante opinione di un esponente di spicco della nostra politica.

E allora, occorre armarsi di grande pazienza, perché la storia è lunga, molto lunga, fatta di decine di tweet ricchi di sfumature e anche di qualche clamoroso colpo di scena.

Una storia che ha inizio il 10 ottobre 2012

Tutto, come detto, comincia il 10 ottobre 2012. Da poche ore sulla giunta regionale è caduta una tegola di dimensioni mastodontiche. L'assessore regionale alla Casa, Domenico Zambetti viene arrestato dai carabinieri con l'accusa di avere comprato un "pacchetto di voti" dalla 'ndrangeta. Zambetti viene accusato di voto di scambio, concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione.


Formigoni, a chi nei mesi precedenti gli chiedeva di dare le dimissioni per le continue inchieste giudiziarie aperte dalla magistratura a carico di numerosi Consiglieri regionali ripeteva sempre: «Nessuno della giunta è indagato, io rispondo degli uomi da me scelti, non di quelli votati dai cittadini». Con l'arresto di Zambetti ora tutti gli chiedono di fare il passo indietro, le sole dimissioni di Zambetti non bastano. Tra chi lo chiede c'è anche, questa volta, la Lega Nord, alleato di governo regionale del Pdl di Formigoni.


Formigoni vuole dimostrare di avere la situazione in pugno e decide di anticipare la presa di posizione della Lega, intenzionata a far cadere entro breve la giunta formigoniana. E' lui stesso, dunque, ad annunciare che la chiusura della legislatura verrà anticipata. La sua speranza è quella di salvare il salvabile e di non fornire alla Lega Nord la possibilità di dire «Abbiamo dovuto pensarci noi!». Il primo pensiero di Formigoni è dunque quello di contrastare la voglia nascente di leadership lombarda della Lega Nord.


Va bene tutto, ma non la Lega alla presidenza della Lombardia: questo il sunto del Formigoni-pensiero a un giorno dall'annuncio della prossima caduta del suo governo regionale. Lo pensa lui e, dice, lo pensano anche gli elettori lombardi del centrodestra. Per questo il Pdl, aggiunge, non potrà che arrivare anch'esso a questa logica conclusione.


Già, perché dall'altra parte, sponda Lega Nord, si cominciano ad accampare diritti di successione. E si comincia anche a fare un nome, quello del probabile candidato alla presidenza di Regione Lombardia. E' naturalmente quello del numero uno leghista del momento, l'ex ministro dell'Interno nonché segretario federale, Roberto Maroni. Meglio mettere subito le cose in chiaro, pensa e scrive Formigoni.


Un concetto che, se non fosse stato espresso in modo abbastanza chiaro, Formigoni vuole riconfermare in un'intervista al quotidiano "Messaggero", riportata in allegato in un messaggio del 18 ottobre: «Niente Lega, sia chiaro, il mio successore dovrà essere del Pdl!». Un tweet, questo, che scatena non poche critiche tra i naviganti. A dare fastidio è stato soprattutto quel "do", quasi che la Lombardia sia cosa sua, come fanno notare in molti.


E così, ecco che Formigoni in quattro e quattr'otto trova la soluzione. In quelle ore c'è un personaggio conosciuto ai lombardi che avanza la sua candidatura. Si tratta di Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano oggi deputato europeo del Pdl, che annuncia di voler concorrere per occupare i piani alti di Palazzo Lombardia. Formigoni ci si butta senza esitazione. «E' lui – dice senza avere dubbio alcuno – l'uomo che può rappresentare i moderati lombardi». L'unico cui affidare la tenzone con il centrosinistra lombardo, che da tutta la situazione che ha portato alle dimissioni della giunta sembra ovviamente essere uscito molto rinforzato.


In questo periodo Formigoni vorrebbe le elezioni già a dicembre, ma nel Pdl, segretario Alfano in prima linea, non sembrano avere tutta questa fretta. E soprattutto non chiudono la porta in faccia a Maroni, come Formigoni vorrebbe. Oltretutto ci si mette anche la Santanché, che dice che i vertici del Pdl andrebbero «rottamati", paragonando il partito di cui lei fa parte «ormai alla peggiore Democrazia Cristiana». Formigoni – che nella Democrazia Cristiana è nato e cresciuto – non ci sta, e reagisce con veemenza utilizzando due messaggi quasi uguali fra loro, che, diciamo così, non sembrano distinguersi per signorilità...


Ma scaramucce di partito a parte, il pensiero resta concentrato sul candidato in Lombardia. Il consenso nei confronti di Albertini, dice Formigoni, sta aumentando vistosamente, anche «a livello di partito», che è poi quello che a lui interessa maggiormente, perché senza l'appoggio del Pdl poco può fare. In questo momento Formigoni si sente ancora forte, pensa di poter influenzare le scelte dei suoi. Del resto il maggior riferimento in Lombardia del suo partito resta sempre e comunque lui, no?


Nel suo partito, sì. E anche all'interno di Comunione e Liberazione, il movimento che però sembra non subire più come prima il fascino del "Celeste". Ecco che quindi Formigoni si affretta a dimostrare che la sua sintonia con gli amici ciellini che contano è inalterato. Con l'eurodeputato Mario Mauro, ad esempio, si parla di abbracci fraterni, testimoniati anche da una foto.


Meglio però ribadire il concetto, qualora qualcuno si fosse distratto. Il candidato alla presidenza, dice Formigoni, sarà del Pdl. E, in particolare, sarà Gabriele Albertini.


Qualcuno l'aveva già accennato nei giorni scorsi: e se facessimo delle primarie di coalizione – quindi coinvolgendo anche la Lega Nord – per decidere chi dovrà essere il candidato del centrodestra? Non se ne parla nemmeno, dice Formigoni, abbiamo Albertini che ha già dimostrato in passato il suo valore, che senso ha dunque far scegliere agli elettori attraverso inutili primarie regionali di coalizione?


Ma perché scegliere proprio Albertini? Formigoni lo spiega bene: l'ex sindaco di Milano è in grado di continuare in Lombardia le buone politiche degli ultimi 17 anni, da quando cioè è in vigore il "periodo formigoniano".


Anche perché, aggiunge, chi ha rotto l'alleanza, facendo cadere la sua giunta, non può pretendere di chiedere i consensi per governare la Lombardia. Un'altra chiusura, se ancora ce ne fosse bisogno, alle velleità della Lega e del suo leader Maroni.


Accanto alla battaglia lombarda, se ne sta però svolgendo un'altra, parallela, tra coloro che vogliono le primarie per il Pdl e quelli che invece vogliono che Silvio Berlusconi riprenda in mano le redini del partito (e in quel caso, dicono, di primarie non se parlerebbe nemmeno). Formigoni è tra i primi, e non è difficile pensare, ora che si sta liberando dagli impegni in Lombardia, che stia pensando a una sua candidatura. Grande soddisfazione dunque per lui quando Berlusconi annuncia il suo addio definitivo alla politica e si comincia a ipotizzare che il Pdl segua il solco già tracciato dal Pd: il candidato premier verrà scelto dagli elettori. Intanto Umberto Ambrosoli, da alcuni indicato come probabile candidato del centrosinistra in Lombardia, il 21 ottobre annuncia di non essere interessato alla candidatura. «No grazie» dice, non ci sarebbe il tempoElezioni regionali, Ambrosoli: "Non c'è tempo per un progetto"
per «realizzare l'unico progetto nel quale riesco a immaginare una mia candidatura».


Ma meglio tornare alle questioni locali. Lo scioglimento della giunta che, dopo un veloce rimpasto, è rimasta operativa per le ultime faccende, è ormai prossimo e Formigoni ci tiene a ricordare che l'egemonia al Nord ce l'ha il suo partito, il Pdl, e non la Lega Nord.


Senza però dimenticare l'altro fronte, in questo momento molto caro al presidente lombardo. Formigoni mostra di essere titubante su una scelta: presentarsi o no alle primarie del suo partito. Difficile, sembra dire, rinunciarvi, visto che il gesto di Berlusconi apre «una nuova fase per il centrodestra italiano». E a questo punto decide anche di sbilanciarsi e di lanciarsi in un paragone con le primarie nazionali che verranno tenute dal centrosinistra e che vedranno lo scontro tra il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e il sindaco di Firenze, Matteo Renzi. «Le nostre sì – sottolinea con forse troppa fretta – che saranno un bagno di democrazia, saranno aperte, non chiuse come quelle del Pd».


Ma bisogna pensare alle elezioni regionali che saranno a breve, anzi, a brevissimo. In un presunto colloquio con il ministro dell'Interno del governo Monti, Anna Maria Cancellieri, Formigoni sembra essere riuscito a strappare una data delle elezioni che non vada oltre la fine di gennaio. Poco importa se in mezzo ci sono le vacanze di Natale, la priorità è dare al più presto un governo alla Regione. E magari affrettare i tempi, approfittando dell'impreparazione delle altre forze politiche, che in pochi giorni dovrebbero trovarsi un candidato e costruire un programma da presentare agli elettori.


Anche il 27 ottobre l'interesse di Formigoni si divide in due direzioni. Per prima cosa ci tiene a riconfermare la validità della sua scelta: Albertini è l'unico vero candidato dei moderati e poco importa se la Lega ironizza, attraverso Maroni, dicendo che l'era formigoniana è finita. A essere finiti sono loro, taglia corto l'ex alleato, i rappresentanti del Carroccio.


In secondo luogo esprime la propria soddisfazione per il fatto che anche Berlusconi parli di primarie. A questo punto sembra anche cedere a chi, con tanta insistenza, gli chiede di partecipare alla competizione che porterà al candidato premier del partito. La tentazione è davvero tanta, lo si legge tra le righe. E se deciderà di scendere in pista, i frequentatori di Twitter stiano tranquilli, saranno i primi a saperlo.


Ma il dubbio è che qualcuno non abbia ancora capito bene da che parte sta Formigoni in Regione. C'è forse qualche cedimento o apertura nei confronti della Lega Nord? Non sia mai. Hanno tradito, ci mancherebbe che gli consegnassimo le Lombardia, conferma l'ex presidente, sottolineando anche l'ispirazione europeista della scelta albertiniana, che alineerebbe il partito dei moderati lombardi con il Ppe europeo. Detto e, a scanso di equivoci, riconfermato.


Sì, ma la Lega ci permette di applicare il federalismo, deve avere fatto osservare qualcuno a Formigoni, che allora provvede a precisare il suo pensiero: «Federalismo sì, secessionismo no!», lasciando maliziosamente intendere che la Lega persegua più il secondo del primo. E intanto Rosario Crocetta, candidato del centrosinistra, vince le elezioni in Sicilia e diventa presidente di quella Regione. Il candidato del centrodestra, che qui negli anni scorsi spopolava, viene staccato di 100mila voti e stacca di soli 7 punti percentuali l'esponente del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Una sonora sconfitta, per il Pdl, destinata a lasciare il segno sulle decisioni future all'interno del partito. Formigoni accennerà a questo fatto solo tra qualche giorno, il 2 novembre, come vedremo.


Insomma, il Pdl rompa gli indugi e dichiari ufficialmente l'appoggio ad Albertini! Formigoni calca la mano, sente che a livello di partito ci sono forti resistenze nei confronti dell'ex sindaco di Milano, forse considerato troppo "indipendente" per essere considerato rappresentativo del partito cui peraltro appartiene a pieno titolo da lunghi anni. O forse è semplicemente il legame con la Lega, che in verità non si è mai dissolto (anche se la Lega ha preferito restare all'opposizione del Governo Monti, che ha visto invece il Pdl tra i più accesi sostenitori) a condizionare le scelte dei vertici del partito berlusconiano. Ma per Formigoni Albertini, è ora che lo capiscano tutti, è il CANDIDATO FORTE, e per sottolinare queso concetto gli regala pure la copertina del suo notiziario settimanale.





Ma se finora, in fondo, si è parlato soltanto, è giunta l'ora di cominciare a fare sul serio. Ecco l'annuncio: il 5 novembre verrà uficializzata la campagna elettorale del Pdl a sostegno di Albertini. Non come gli altri, quelli di sinistra, che il candidato non ce l'avranno prima del 16 dicembre, con ben un mese e mezzo di ritardo... E intanto di primarie non si parla più, almeno per ora. Che qualcuno abbia cambiato idea?

A dire il vero il 5 novembre passa senza che ci sia alcuna ufficializzazione, ma Formigoni non se ne preoccupa, non accenna nemmeno al fatto. E dopo un silenzio di tre giorni eccolo rilanciare: la candidatura sarà presentata il 10 novembre, ben in anticipo sul centrosinistra, che naviga in acque agitate e ancora non sa chi scegliere come candidato. Toh, c'è anche un veloce cenno alle primarie, allora è vero: le farà anche il Pdl!

Un entusiasmo immutato, quello di Formigoni per Albertini, nonostante il colpo basso ricevuto dal centrosinistra, così, a sorpresa: pochi minuti dopo Albertini, l'8 novembre, anche Umberto Ambrosoli ha infatti sciolto la riserva, e ha dichiarato di voler partecipare alla campagna elettorale per il Pirellone. Sarà lui, come capolista di una lista civica, il candidato ufficiale della coalizione di centrosinistra. O, meglio lo sarà se vincerà le primarie regionali che, già si dice, avranno luogo prima di Natale.


Così il centrosinistra ha il suo candidato, mentre nel centrodestra la situazione è ancora poco chiara. Ma Formigoni ostenta comunque tranquillità: Albertini ha presentato ufficialmente la sua candidatura, per cui ora si può finalmente organizzare la campagna a suo sostegno. Sempre che Maroni, è la preoccupazione di Formigoni, non metta il bastone tra le ruote... Suona strano, però, che proprio nel momento in cui si può cominciare a sostenere con maggiore enfasi Albertini, Formigoni decida di tacere per lunghi giorni, comportamento che i naviganti considerano del tutto anomalo, visto che il presidente regionale li ha abituati a continui e costanti aggiornamenti sull'evolversi delle situazioni.


E infatti, dopo quasi una settimana di silenzio, si avverte un primo segnale che qualcosa è cambiato, anche se non in via definitiva. Per la prima volta dall'apertura della crisi in Lombardia, Formigoni non parla di Albertini come candidato presidente del centrosinistra. Il riferimento è ora a un candidato generico del suo partito o comunque civico. L'unico punto fermo, su questo non ci piove, è che il candidato non apparterrà alla Lega Nord.


Sarà l'effetto Ambrosoli che raccoglie sempre più consensi nel centrosinistra, ma ora in Formigoni sembra farsi strada una nuova soluzione, quella del candidato "civico". Albertini sembra al momento essere scomparso, Formigoni proprio non ne parla più, quasi se ne fosse completamente dimenticato. Forse ha capito che il Pdl mai sosterrà l'ex sindaco di Milano e sta cercando di rilanciare per il male minore, che è quello, secondo il suo punto di vista, che vuole la Lega completamente fuori dal potere regionale.


Si riaffaccia, a questo punto, anche il discorso delle primarie nazionali. Anche qui qualcosa è cambiato. L'ipotesi di una sua candidatura è tramontata, quanto spontaneamente non è dato saperlo. Formigoni non ha più di dubbi: alle primarie del Pdl, che si faranno di sicuro, sosterrà Angelino Alfano, il segretario del partito. Il suo è un appoggio completo, tanto che per alcuni giorni Formigoni si dimentica pure della situazione in Lombardia e non ne fa cenno alcuno. Ma Albertini dov'è finito? E' un dato di fatto: in questo momento per Formigoni sembra essere più importante la questione legata alle primarie di partito.


Ci pensa però un redivivo Umberto Bossi a farlo tornare sulla questione lombarda. Con la sua consueta verve, l'ex leader leghista sfida il mondo e dice «La Lega può vincere anche da sola». Dichiarazione che riempie di gioia Formigoni, che invita il suo partito a presentare, a questo punto, un proprio candidato.


Ma è solo una parentesi, subito con la testa torna alle primarie nazionali del Pdl. Quasi è stata fissata la data, qualcuno dice sia il 16 dicembre. Nel rattempo, però, dal leader del partito, Silvio Berlusconi, arrivano note dolenti per Formigoni. In Lombardia, dice l'ex premier, sarebbe utile che Pdl e Lega si presentassero con un candidato unico, e questo potrebbe essere Maroni. Poche parole che sconfessano settimane di dichiarazioni contro il candidato leghista da parte di Formigoni, che all'interno del partito sembra ormai essere sempre più in difficoltà.



E anche il nervosismo sembra aumentare. La solita Santanchè interviene nella questione. In difesa di Berlusconi, cui Formigoni ha inviato il messaggio riportato qui sopra, dice: «Formigoni, tu che sei del partito di Alfano e sei indagato, quale 'magistrato' ti ha autorizzato a parlare?». Una frase che fa andare su tutte le furie il presidente regionale, che risponde per le rime sempre attraverso il suo mezzo preferito, Twitter. Dire che tra i due non ci sia simpatia è forse dire poco...

E a conferma di quanto detto, Formigoni questa volta si rivolge direttamente a Berlusconi, anche se sempre attraverso il social dei cinguetii. «Silvio rifletti», dice, i nostri elettori «Maroni non lo voteranno mai!». E già che c'è ipotizza che alle primarie possa partecipare anche il cavaliere. Una gran scelta di democrazia, sarebbe, la prova che il Pdl è maturo per una soluzione del genere. Anche perché all'orizzonte ci sono le primarie del Pd, che si avvicinano sempre di più.


Ma se da una parte la speranza e l'entusiasmo per le primarie sale sempre di più, dall'altra qualche perplessità sul nuovo corso del Pdl c'è, visto che Formigoni si permette, il 29 novembre, di criticare il modus operandi di Sandro Bondi, incaricato di "ricostruire" il partito che, è opinione diffusa all'interno del movimento, deve imparare a fare a meno del suo leader Berlusconi e cominciare a correre con le proprie gambe.


Anche perché il 2 dicembre Pier Luigi Bersani vince le primarie del centrosinistra e diventa il candidato premier di quella coalizione alle prossime elezioni politiche. Una ragione in più per fare le primarie anche da questa parte, incalza Formigoni. Gli elettori del Pdl le vogliono, non capirebbero una scelta differente. E intanto Formigoni dà altri numeri, quelli dei giorni in cui secondo lui dovrebbero avere luogo le elezioni. Per questo le primarie devono essere fatte al più presto, lui suggerisce già a metà gennaio.


E' a questo punto che si assiste a quello che a tutti gli effetti sembrerebbe essere un ritorno improvviso di fiamma. Era dal 10 novembre, quasi un mese, che Formigoni non parlava di Albertini. Lo rifà con un messaggio che sembra essere categorico. Ma che non sortirà alcun effetto, come la storia poi confermerà. Si tratta, qui, forse, di un ulteriore tentativo di allontanare il Pdl dalla Lega, nella speranza estrema di essere finalmente seguito anche dal resto dei militanti del partito. Ma nessuno, nemmeno questa volta, sembra rispondere al suo appello.


Per non farsi mancare niente, Formigoni lancia una fugace occhiata anche alla situazione nazionale. Il governo presieduto da Mario Monti, finora sostenuto sia dal Pd, sia dal Pdl, comincia a traballare, la sua fine sembra essere sempre più vicina. Sarebbe una jattura, sostiene il presidente della Regione, meglio se si riuscisse ad arrivare a fine legislatura. Magari prima eliminando il Porcellum, la tanto famigerata legge elettorale che tutti criticano ma che tutti sembrano, sotto sotto, voler mantenere.


Il 6 dicembre Silvio Berlusconi annuncia di voler tornare in campo. La vittoria di Bersani alle primarie, si dice, lo avrebbe indotto a ritentare per la sesta volta l'attacco a Palazzo Chigi. E così, all'improvviso, dai pensieri di Formigoni scompare come nulla fosse un altro argomento a lui tanto caro, quello delle primarie. Il ritorno all'attività politica diretta da parte del cavaliere sembra avere gettato un colpo di spugna sul "bagno di democrazia" tanto desiderato da Formigoni. E intanto l'attenzione ora è tutta sulla legge elettorale, e sull'esigenza di cambiarla prima che cada il governo.


Ma ormai è troppo tardi: il 9 dicembre si apre ufficialmente la crisi del governo tecnico guidato da Mario Monti, proprio un giorno prima dell'ultima seduta del Consiglio regionale lombardo. E all'interno del Pdl le opinioni si spaccano. Il deputato europeo Mario Mauro, quello dell'abbraccio fraterno di qualche giorno fa, dice chiaramente che bisogna sostenere, a Roma, Mario Monti – che nel frattempo non ha però ancora annunciato di volersi candidare per un secondo mandato – e in Lombardia Gabriele Albertini. «Bravo!» dice Formigoni, che finalmente trova qualcuno disposto a seguire le sue idee. Ma nel Pdl non la pensano esattamente così e chiedono a Mauro di dimettersi da capo-delegazione al Parlamento europeo. E Berlusconi di lì a poco lo definirà anche "Scheggia impazzita». Ma Formigoni sembra non curarsi di questo, tanto che si sbilancia, anche se lo fa attraverso un messaggio che stranamente porta la dicitura "staff", in cui sostiene apertamente la ricandidatura di Monti alla guida del Paese. E intanto ci tiene a precisare che in Lombardia nessun accordo è stato fatto tra il suo partito e la Lega Nord per la guida della Regione. 


Il 14 dicembre Umberto Ambrosoli vince le primarie del centrosinistra e diventa il candidato ufficiale per la presidenza di Regione Lombardia. Ma il centrodestra appare più scosso per un altro avvenimento, ovvero la nascita di Italia Popolare, il movimento interno al Pdl che sembra voler fare la fronda a Berlusconi. Formigoni sostiene tutto quanto viene detto e, nell'ordine: indica Alfano come nuovo leader del centrodestra, ribadisce il suo no alla candidatura di Maroni alla presidenza della Lombardia, proclama il suo sostegno per la ricandidatura di Monti alla guida del Paese.


Qualcuno deve avere pensato, all'interno del Pdl, che questa volta Formigoni si sia spinto troppo oltre. Forse lui stesso comincia a capire che le sue prese di posizione rischiano di trasformarsi in pericolosi boomerang per la sua carriera politica futura. Da qui vengono, con tutta probabilità, le due settimane di silenzio, riguardo la situazione politica, dei tweet formigoniani. Una vera novità, vista la sua costanza nel comunicare attraverso i cinguettii. Ma forse questo non è più il momento di parlare, è quello di trattare. La sua voce torna a farsi sentire, dunque, solo a fine anno, quando Mario Monti ha annunciato da alcuni giorni di voler "salire" in politica. Si registrano, in questi giorni alcuni ultimi tentativi di smarcamento, forse solo rilanci su un tavolo da gioco che sta diventando sempre più caldo e avaro di soddisfazioni. Tornano le accuse contro la Lega e torna, timidamente, un accenno ad Albertini, abbandonato da tempo a se stesso e destinato anche per questo a entrare, entro breve, nell'orbita di Monti. La rottura con il partito, sembra di capire, è ormai vicina, tanto che c'è chi ipotizza addirittura la prossima creazione, da parte di Formigoni, di un proprio movimento politico.


E così giunge il 7 gennaio quando – le cronache dicono che sia avvenuto all'una e trenta di notte – viene firmato l'accordo elettorale che lega nuovamente il Pdl di Silvio Berlusconi alla Lega Nord di Roberto Maroni. Una mossa che sembra tagliar fuori per sempre Formigoni dai giochi. In tutte queste settimane non ha certo nascosto la sua opinione anti-Lega, la logica lo vorrebbe in grande difficoltà, ora che il suo partito ha deciso di rimettersi con i vecchi alleati sostenendo ufficialmente, oltrettutto, la candidatura di Maroni alla presidenza della Regione. Ma questa grande difficoltà non traspare per niente, visto l'annuncio che lo stesso Formigoni fa, dopo due settimane di comprensibile ma molto criticato (dalla rete) silenzio, sempre utilizzando Twitter, in cui non vi è il minimo accenno alle posizioni prese in passato.


Cioè: se non sostengo più Albertini è perché questi ha deciso di legarsi a Monti, che fino a pochi giorni prima era visto quasi come il salvatore della patria e che ora viene definito "Professor giravolta". Sostenere Albertini, aggiunge Formigoni, vorrebbe dire agevolare il candidato del centrosinistra, Umberto Ambrosoli. Nel giro di pochi giorni l'ex presidente della Regione Lombardia ha dunque cambiato opinione. Perché? Secondo i più maligni la risposta la si può trovare nel tweet che segue, diffuso il giorno seguente al cambiamento. Mi hanno chiesto di candidarmi al Senato, dice Formigoni, ma io ci devo pensare, lasciando intendere che le decisioni finali che lo riguardano, all'interno del suo partito, spettino comunque e sempre a lui.


Per ben 6 giorni Formigoni si arrovella: «Accettare la candidatura o rifiutarla?». Il partito lo incalza, lo vuole con sé, sta a vedere che gli tocca anche questa volta di cedere... E infatti, il 18 gennaio, ecco l'annuncio ufficiale.


Insomma, tutto è bene ciò che finisce bene. Dopo qualche mese di tormenti, sbilanciamenti e apparenti colpi di testa, ecco il ritorno alla normalità, il rientro nei ranghi, con la decisione di andare a Roma «per proseguire la mia e nostra battaglia per una politica che sappia sempre mettere al centro la persona, la famiglia e il lavoro».


E per chiudere una volta per tutte il cerchio aperto in quel lontano 10 ottobre 2012 (sembrano passati secoli) ecco che il 24 gennaio 2013 Roberto Formigoni in un'intervista rilasciata al settimanale "Tempi" chiamerà a raccolta il popolo di CL – almeno la parte che ancora fa riferimento a lui, perché Mario Mauro proseguirà invece per la sua strada di sostegno a Monti e Albertini – con queste ben precise parole: «Maroni è l'unico in grado di sostenere i nostri valori. Con lui, una scelta di continuità imbattibile».

E qui si ferma la nostra inchiesta compiuta sull'evoluzione del Formigoni-pensiero. 

Riassumendo, in circa tre mesi Formigoni è riuscito a: accusare la Lega di tradimento, sostenere Albertini come candidato in Lombardia, contrastare i qualsiasi modo la candidatura di Maroni, prevedere difficoltà per il centrosinistra a trovare candidati per la Lombardia, volere e sostenere apertamente le primarie per il Pdl, non volere Berlusconi come candidato premier, volere Alfano come nuovo leader del centrodestra, sostenere Mauro e quelli di Italia Popolare, promuovere la ricandidatura di Monti a premier, accusare il Pdl di andare alla deriva, prevedere la soppressione del Porcellum.

Una serie infinita di opinioni e di posizioni che, nel tempo, ha dovuto suo malgrado rivedere, procedendo per la sua strada sempre come se niente fosse, da politico navigato qual è.

Ma per quanto riguarda le previsioni, almeno in politica internazionale, in questo periodo, gli è andata meglio? Vediamo un po'...


Non ce ne voglia se glielo ricordiamo, ma il 7 novembre 2012, come tutti ben sappiamo, Barack Obama è stato rieletto alla Presidenza degli Stati Uniti, con una vittoria sorprendentemente netta sul suo avversario repubblicano Mitt Romney...


.




Nessun commento:

Posta un commento

Votami

migliori