martedì 9 agosto 2011

Storia di piste ciclabili,
paletti e arroganza


Non sono un ciclista metropolitano. O, meglio, lo sarei forse stato, se non mi avessero rubato la bicicletta un paio d'anni fa. Non sulla strada, no: è sparita dal cortile di casa mia, insieme ad altre tre o quattro. Erano tutte regolarmente legate, probabilmente i ladri erano forniti di un furgoncino. Che organizzazione... Comunque la rabbia e la pigrizia mi hanno impedito di comprarne un'altra e mi hanno fatto propendere per un meno faticoso scooter (comprato di seconda mano e, dunque – speriamo – meno appetibile...).

Le piste ciclabili all'estero

Non sono un ciclista metropolitano anche per ragioni forzate, dunque. Ma all'estero ci sono andato, qualche volta. E ho visto quale spazio è riservato all'uso delle biciclette nelle varie città straniere, anche in quelle più grandi e caotiche. Mi ricordo un'estate a Vienna, tanti anni fa, insieme al mio amico Demetrio. Abbiamo parcheggiato la macchina, noleggiato due biciclette e attraversato tutta la città senza fare un metro al di fuori di una pista ciclabile. Una cosa fantastica, sembrava di essere i padroni del mondo. Per non parlare di Amburgo, di Monaco, di Barcellona, di Amsterdam... Di recente, tornando in Italia e senza andare troppo lontano, mi ha sorpreso la più piccola ma incantevole Mantova, una pista ciclabile a cielo aperto.

Le piste ciclabili di Milano

E Milano? Poca roba davvero. Poche piste, costruite male, tenute peggio. Spesso trasformate in parcheggi. Oppure spesso che finiscono all'improvviso, scaraventandoti in mezzo a una strada con auto che provengono da tutte le parti e ti suonano dietro. Fino a ora usate solo come mezzo per procurarsi voti: predisposte, spesso senza criterio, per poi essere abbandonate a se stesse.

Come dimenticare le piste ciclabili disegnate sui marciapiedi di via Padova che sono riuscite in un colpo solo a scontentare tutti: pedoni, ciclisti, residenti e negozianti prima di sparire dopo poche settimane? E come dimenticare la pista ciclabile costruita in tutta fretta in via Vittor Pisani, come trofeo da esporre dall'amministrazione precedente alle imminenti elezioni comunali (poi perse, chissà come mai)?

Il caso di via Vittor Pisani

E qui viene il punto: proprio di quest'ultima pista, val la pena di parlare. E' stata costruita ai lati della carreggiata. Sul lato che va dalla Stazione Centrale a piazza della Repubblica è una vera e propria pista, che funziona benissimo perché è impossibile interromperla nel suo percorso. Nel lato opposto, quello che va verso la Centrale e su cui sorgono molti locali alla moda è stata semplicemente disegnata per terra. Così da consentire, verrebbe da dire, la sosta di numerosi "parcheggiatori distratti", che non si accorgono della linea gialla e dei grandi segnali con le biciclette disegnate sull'asfalto. Furgoni che eseguono imperterriti i loro carico/scarico, certo, ma anche molti avventori dei locali, come dimostrato dalla concentrazione anche serale di macchine abusive.

Risultato: fin da subito questo lato è risultato inacessibile ai ciclisti, costretti a continue invasioni sulle corsie riservate alle macchine (con conseguenti strombazzamenti degli automobilisti già nervosi per essere in una delle vie più trafficate della città). Una situazione inacettabile per i nuovi amministratori, che devono dimostrare di essere migliori dei loro predecessori e che hanno deciso quindi di stroncare in tutti i modi questo malcostume. Con più azioni disincentivanti.

I tentativi della nuova amministrazione

Primo tentativo: le multe. Nello scorso luglio, nelle sole serate, sono state appioppate 200 multe in 7 giorni. Una strage, che avrebbe fatto cambiare idea anche al più testardo dei parcheggiatori fuori norma. Niente da fare, invece, le auto non sono diminuite. C'è chi dice che poco possano fare le multe, in questi casi: i ristoranti di via Vittor Pisani sono per pochi, per persone dal portafoglio gonfio, vuoi mettere la comodità di parcheggiare proprio lì fuori, anche se mi costa un po' di più...

Secondo tentativo: i paletti di plastica gialla a delimitare la pista. Una soluzione di civiltà: di qua le auto e di là le bici. Tutti contenti, finalmente. Sì, ma solo per 15 giorni, non di più. Tanti sono bastati ai selvaggi della sosta per distruggere questi paletti, passandoci sopra con la propria auto. «Inciviltà» ha detto l'assessore comunale alla Mobilità. Giusto, ma forse doveva parlare anche di arroganza, prepotenza, ignoranza, stupidità. Sicuramente di assenza totale di senso civico (che immagino essere un concetto che farà sorridere i distruttori di paletti). Per me questi signori sono il peggio che si possa avere, come vicini di casa. Meriterebbero di essere espulsi dalla città: «Non capisci quali devono essere i tuoi limiti e dove iniziano i diritti delle altre persone con cui convivi? Bene, da ora in poi vivrai in una foresta, vediamo come ti comporti con i gorilla dell'albero vicino...».

Soldi buttati, rabbia in aumento

Fatto sta che i risultati ottenuti, in questa situazione, si possono così riassumere: soldi spesi inutilmente dall'amministrazione (e quindi da noi), rabbia crescente dei ciclisti, soddisfazione degli automobilisti arroganti e dei proprietari dei ristoranti, depressione di chi vorrebbe vivere in una città popolata, per lo più, da persone civili.

Per questo, dunque, il Comune ha fatto sapere che quanto prima proteggerà la pista con un muretto. Questo significa che, per fortuna, alla fine l'avrà vinta. Bene, ma per la città, la città in cui vorremmo abitare, a ben vedere non sarà una grossa soddisfazione, si tratterà purtroppo di una nuova, sonora e umiliante sconfitta.

.

Nessun commento:

Posta un commento

Votami

migliori